Page 18 - Exploring Taste Magazine N.2
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EXPLORING TASTE—SANTA MARGHERITA GRUPPO VINICOLO
«Credo che l’unicità che contraddistingue l’Italia sia proprio la differenza.
L’Italia è unita e insieme molto separata, ma è una sua caratteristica, va preso atto di questo.
È parcellizzata: hai le varie province, le famiglie, e all’interno della famiglia un unico soggetto
che detiene la conoscenza per fare, ad esempio il baccalà alla vicentina»
tradizione. «Quello che oggi noi leggiamo come tradizione è ciò alla vicentina. E quindi all’interno di una singola provincia tu hai
che resta di una conoscenza», dice Alajmo, dimostrando di aver 500 versioni del baccalà alla vicentina», e mi ricorda – di nuovo,
ragionato a lungo anche su quello, «è rapportata quasi sempre a la memoria – i mondeghili di mia nonna, le polpette di lesso che,
uno spicchio di un periodo storico. Noi lo f ssiamo, lo delimitiamo. da bambino, erano capaci di dare un senso a un’intera giornata.
Ma se guardi alla cucina italiana, e vai in un passato un po’ più Glielo dico, e allora gli chiedo che rapporto ha, lui, con la memoria.
remoto, ti accorgi che lo zaf erano, la rosa, lo zenzero, erano ingre- «C’è una parte di memoria consapevole e una parte di memoria
dienti piuttosto frequenti. Oggi sono considerati esotici». Quando che non sai di avere», dice, «alcune di queste memorie implicite
Alajmo parla di cucina, di sapori e gastronomia, si intravedono magari non appartengono al tuo percorso, ma a quello di chi ti ha
sullo sfondo, costantemente, diversi tipi di mappe: le coordinate preceduto. Il cliente, quando si siede in un ristorante, si aspetta un
storiche e geograf che del mondo, e allo stesso tempo una car- certo tipo di memorie. Ognuno ha la sua. La cosa più dif cile, per
tograf a intima di memorie personali. Anche parlare, dice, è un me, è trovare quella che congiunge non dico il cento per cento, ma
modo di fare cucina: «Puoi anche non avere nulla e fare cucina. gran parte degli ospiti». Poco dopo, trovo la mia deliziosa voluttà in
Puoi percepire un sapore solo con l’immaginazione. Puoi sugge- una guancia rossa brasata con crema di sedano rapa al tartufo nero,
stionare un gusto con le parole». Quando gli chiedo cosa signif ca e nell’osso alle erbe, uno dei suoi piatti più famosi, potenti nella
fare il cuoco, mi corregge, e dice: «Per me non è fare il cuoco, ma loro capacità di liberare uno sciame emotivo. Capisco cosa vuol
essere il cuoco. È incarnare il mestiere. È corrispondere a una na- dire, Massimiliano, quando parla di «lasciar vivere gli ingredienti,
tura. Adesso è così frequente che una persona scelga un mestiere far parlare la materia».
perché diventa uno status: quello è il fare. È un po’ privo di senso, È estremamente teorico, Alajmo, e naturalmente appassionato. Mi
è quasi prendersi in giro. Uno invece dovrebbe capire veramente chiede cosa mi piace mangiare e cucinare, lasciandomi interdetto
cosa cerca e poi manifestare se stesso in quello. Un’azione prece- e imbarazzato, ma si accende quando provo a accennare alla cucina
duta da una consapevolezza». in televisione. «Cucina o spettacolo?», chiede. Gli faccio cenno di
Si ferma a rif ettere quando gli domando quale sia, per lui, il mi- proseguire pure. Continua: «Quello che vedo non mi sembra ri-
nimo comune denominatore della gastronomia italiana, e a bassa guardi la cucina, ma utilizza la cucina come schermo per proiettare
voce dice: «Sì. È una cosa a cui ho pensato molto», prima di un’altra un mondo legato allo spettacolo, per le esigenze di spettatori che
pausa, e rispondere: «E credo che l’unicità che contraddistingue vogliono immedesimarsi in un ruolo». Torno a pensare alla biblio-
l’Italia sia proprio la dif erenza. L’Italia è unita e insieme molto se- teca di prima, per la cura che Massimiliano mette nel trattare il suo
parata, ma è una caratteristica, va preso atto di questo. È parcelliz- mestiere, che è poi la sua vita. «Io credo che un cuoco lo sia anche
zata: hai le varie province, le famiglie, e all’interno della famiglia quando tocca un tessuto», spiega, «quando beve un caf è. Questa
un unico soggetto che detiene la conoscenza per fare il baccalà non è una divisa, un cuoco è sempre un cuoco».
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